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09/09/2020
Post COVID-19. C’è davvero bisogno di un Quarto Settore?
Il dibattito intorno alla lettera-manifesto di 14 top manager e il ruolo della cooperazione nel post pandemia.

Grazie agli esempi di Olivetti e Mattei, in Italia abbiamo molta familiarità con i concetti di economia civile e di responsabilità sociale d’impresa. D’altra parte, è vero che negli ultimi decenni l’eredità dei due capitani d’industria è stata lasciata da parte mentre contemporaneamente diminuiva la capacità del nostro Paese di fare innovazione. Una coincidenza che fa riflettere. 

A rimescolare le carte, però, potrebbe essere proprio la pandemia da COVID-19, che a causa dei suoi impatti sull’occupazione e sulla capacità produttiva delle aziende sta costringendo istituzioni e attori economici a un profondo ripensamento dei rispettivi modelli di sviluppo e di business

L’ultimo evento di richiamo per gli addetti ai lavori è stata la pubblicazione di una “lettera-manifesto” firmata da 14 top manager di altrettante grandi aziende (nessuna italiana, purtroppo) che unendo gli sforzi hanno messo nero su bianco la loro volontà di promuovere una economia più inclusiva e sostenibile in risposta ai mutamenti a lungo termine e alla ulteriore sfida posta dalla pandemia. 

Tutto quello che faremo – dicono in sintesi i 14 top manager – avrà un focus teso a costruire un’economia sostenibile e una società più resiliente di fronte alla pandemia, al cambiamento climatico e alle sfide globali che siamo chiamati ad affrontare. La risposta alla crisi attuale, sostengono nella missiva, è istituzionalizzare la «purpose-first economy» per «costruire meglio» («build it better») invece di limitarsi a «costruire quello che c’era prima» («build it back»). 

Le imprese firmatarie chiamano questa nuova direzione, che vedrebbe la cooperazione tra privato, pubblico e non profit, “quarto settore”, un modello nuovo che dovrebbe in qualche modo rimpiazzare quello utilizzato fino a ieri. La nuova normalità del business con impatto sociale e con un forte orientamento al bene comune. 

Peccato che l’idea non abbia riscosso molto entusiasmo e che per molti la lettera rappresenti l’ennesimo manifesto di intenti. La missiva è inoltre ingenerosa con il Terzo settore, che sempre di più anche in Italia sta ricoprendo un ruolo fondamentale nel ridurre le diseguaglianze e nel costruire ponti e spazi di dialogo con il mondo dell’impresa. 

C’è già, dicono i detrattori della lettera, una naturale convergenza tra privati, pubblico e Terzo settore. Le tante iniziative nate dall’incontro tra queste tre dimensioni dimostrano che ciò che serve è trovare una sintesi soddisfacente e strumenti a supporto della progettualità. Lo chiedono anche i cittadini che ormai, sempre di più, distinguono tra dichiarazioni d’intenti e azioni concrete. Per loro in quanto cittadini-consumatori, per la società e per il pianeta.